
Il mio viaggio alla ricerca della produttività
35. 35 è il numero di libri di produttività e gestione del tempo che ho letto dal 2006 ad oggi. Senza contare gli articoli, i blog e tutto quanto ho trovato online. Viene chiamato “productivity porn”.
Quello che mi serviva, pensavo, era efficienza: se solo avessi potuto fare di più, gestire meglio il mio calendario o la mia mail, sarei stata felice sul lavoro, e non solo! Queste tecniche potevano anche servirmi per la mia vita personale, per avere la vita piena che pensavo mi mancasse, per avere più tempo!
Ma non funzionavano. Sistemi più o meno complessi, eleganti, ma che per me non funzionavano. Ne ho provati diversi (Getting Things Done è stato il primo), con corrispondenti app e hacks di Gmail e Outlook che possiamo immaginare. La pianificazione, spesso minuziosa e ben studiata, mi piaceva moltissimo, i primi giorni andavano benissimo. Poi cominciavo a scivolare. La procrastinazione era sempre lì, ammaliante, e mi trovavo a non fare quello che il mio perfetto sistema di gestione del tempo diceva che avrei dovuto fare.

9. 9 sono i mesi in cui non ho lavorato. Ho lasciato l’azienda e mi sono dedicata a capire cosa volevo fare. Ho ricominciato a scrivere con carta e penna invece che solo su computer e ipad, ho letto ancora qualche libro di produttività, ma anche di gestione di sé stessi, esplorato cosa mi interessava e cosa mi rendeva felice. Sono diventata coach, che mi ha portato a esplorare ancora più profondamente cosa volevo fare, lavorativamente parlando.
Ho procrastinato poco, ma avevo poco su cui procrastinare. Ho cercato soprattutto degli obiettivi che mi interessavano e che mi motivavano. Quello che mi serviva, pensavo, era efficacia: scegliere su cosa lavorare e impegnarmi, avere degli obiettivi veri, che vengono dal profondo, che non mi sono stati imposti dell’esterno. Per quelli, allora, i sistemi di produttività precedentemente appresi sarebbero stati utili, perché si trattava di obiettivi che volevo.
Dopo un po’ di prove, mi rendevo conto che la produttività non era male, ma ancora non funzionavo proprio come desideravo essere: una locomotiva che va dritta a destinazione, avanzando, azione dopo azione, per portare a compimento i progetti che mi servivano per raggiungere i miei obiettivi. Dalla tattica ero passata alla strategia, ma ancora non era sufficiente per sentire che veramente stavo avanzando e vivevo una vita piena. In comune in questi due percorsi c’è stata la consapevolezza che sia la ricerca dell’efficienza che la ricerca dell’efficacia erano buone scuse per leggere di più, per pianificare, ma soprattutto per non fare. La ricerca di come superare la procrastinazione è la prima causa della procrastinazione stessa. GROAN, direbbe Paperino.

75. 75 sono i minuti di un volo a Parigi, che mi ha chiarito un elemento essenziale: la mia procrastinazione era data dal fatto che approcciavo le cose da fare con lo stesso piglio marziale di quando ero in azienda, la stessa intransigenza che diventava quindi immobilità. Non procrastinavo perchè non volevo fare le cose, ma perché pensavo di doverle fare nel modo in cui le avevo fatte, che non sentivo più mio. Da qualche parte mi ribellavo al fatto di affrontare le cose in una maniera che non era congrua con chi ero in quel momento. Non appena l’ho capito, ho trovato la mia strada.
Il risultato di queste esperienze e conoscenze è Design Your Time, che ripercorre all’inverso questo percorso. Innanzitutto, partiamo da chi siamo, dai nostri valori, da ciò che è importante per noi. Poi, vediamo dove vogliamo andare, stabiliamo obiettivi e priorità. Infine, usiamo le tecniche di produttività per arrivarci nel migliore dei modi. Il percorso ha come obiettivo di portare i partecipanti a sviluppare il proprio approccio alla gestione del tempo, personale, sostenibile e in continua evoluzione.

Mi sento di aggiungere ancora un numero, quello perfetto:
3. 3 sono i consigli di gestione del tempo che mi sento di dare:
UNO – Datti la possibilità di non essere perfetta o perfetto. La perfezione non esiste e una lista di cose fatte, come da mito della produttività, non necessariamente porta la felicità. Osserva come l’aspettativa di perfezione agisce come una corda elastica che ti tiene ancorato a dove stai. Più spingi per allontanarti, più è intensa la forza con cui ti tira indietro. Lascia andare, sii te stesso e basta.
DUE – Cambiare fa paura e spesso è paralizzante, questo vale per la maggior parte delle persone. I cambiamenti piccoli fanno meno paura, sono più facilmente reversibili se non funzionano e danno grandi risultati quando funzionano e diventano permanenti. Il sistema perfetto non esiste e anche se esiste sarà valido solo per poco tempo. Quando vuoi cambiare qualcosa, parti in piccolo.
TRE – Leggi, informati, ma poi fai. Puoi leggere tantissimo e sapere tantissimo, ma saper fare e agire sono una cosa diversa. Privilegia il fare: prova, produci, agisci. Guarda quali effetti producono le tue azioni e valuta se continuare, fermare, cambiare. Ripeti. In Design Your Time, questa è la parte “design”. È un bellissimo percorso di scoperta, della tua produttività!
Scoprire sé stessi e come migliorarsi è un viaggio, non uno sprint, il mio finora, nonostante gli insuccessi, è stato fantastico. Il mio augurio per chi legge è che sia altrettanto fantastico, sono qui per accompagnarvi se lo desiderate.
Simona